Chi finanzia in Italia il commercio delle armi? Ogni anno, l’elenco degli istituti di credito che sostengono le esportazioni di materiale bellico è contenuto nella Relazione al Parlamento prevista dalla legge 185 del 1990.

Approvata con l’obiettivo di garantire trasparenza e controllo democratico, la legge impone al Ministero dell’Economia e delle Finanze di pubblicare dati dettagliati sui contratti autorizzati, i paesi destinatari e, appunto, gli intermediari finanziari coinvolti. Nell’edizione di quest'anno della relazione emerge un dato significativo: oltre 4,9 miliardi di euro movimentati, di cui quasi 390 milioni in spese accessorie connesse come trasporti, assicurazioni, addestramento militare e servizi logistici

A monitorare questo mondo spesso opaco è la campagna “Banche Armate”, nata agli inizi degli anni Duemila da un gruppo di riviste di indirizzo sociale (Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace) con l’obiettivo di informare cittadini, risparmiatori e investitori sulle responsabilità delle banche nel sostenere industrie belliche.

Per comprendere il grado di coinvolgimento di ciascun attore del sistema bancario italiano, abbiamo redatto una classifica ordinando le banche (e affini) dal coinvolgimento economico minore a quello maggiore, sulla base della somma tra gli importi segnalati e quelli accessori.

In coda alla classifica, tra i nomi principali, troviamo Poste Italiane con circa 900.000 euro in operazioni e 8.000 euro in accessori mentre l'illimity Bank di Corrado Passera appena rilevata da Banca Ifis ha contribuito al comparto bellico con 1,15 milioni di euro tra operazioni e accessori.

La filiale italiana del Banco Santander ha superato i 2,7 milioni così come il Monte dei Paschi di Siena, che riempi i giornali con l'OPS su Mediobanca, ha registrato 5,9 milioni in armi ma oltre 10,5 milioni in accessori, per un totale significativo di 16,4 milioni.

BBVA ha movimentato in Italia oltre 6,4 milioni mentre BPER Banca ha superato i 49 milioni, una piccola realtà come Banca Valsabbina ha superato i 56 milioni e Banco BPM si colloca in posizione intermedia-alta con oltre 80 milioni, grazie anche a più di 15 milioni di spese accessorie.

Credit Agricole (tra divisione commerciale e CIB) supera i 73 milioni, mentre a occupare le prime posizioni nella classifica delle “banche armate” italiane sono tre colossi finanziari come Deutsche Bank, al terzo posto, con oltre 1,1 miliardi di euro complessivi, grazie a quasi 100 milioni in spese accessorie.

Al secondo posto si colloca Intesa Sanpaolo, che ha movimentato più di 894 milioni, tra cui ben 172 milioni in servizi accessori, e in cima alla classifica, con un primato netto, c’è UniCredit, che ha sostenuto operazioni per oltre 1,3 miliardi, con ulteriori 45 milioni in costi accessori.

Vale la pena ricordare che la Legge 185/90, nella sua formulazione originaria, vieta l’esportazione di armi verso Paesi in guerra, regimi autoritari o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nonostante l’Italia continua a esportare armamenti in paesi come Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti o Israele. Il cittadino, tuttavia, non è privo di strumenti. Come ricordano Mario Menin, direttore di Missione Oggi, Giuseppe Cavallini, direttore di Nigrizia, e Alex Zanotelli, direttore di Mosaico di Pace, ciascuno può consultare la lista delle banche coinvolte, chiedere esplicitamente alla propria banca informazioni sulle politiche di investimento nel settore armamenti e decidere se confermare o cambiare il proprio istituto.

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Lorenzo

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